Perchè da oggi dobbiamo comprare Repubblica. Perché non dobbiamo assefuarci al populismo digitale

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di Mirco Arcangeli

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Da qualche anno a questa parte, la contesa politica ha provocato un forte radicalismo di posizione, che grazie all’uso di strumenti di comunicazione, quali i social, si sta insinuando in maniera esasperata nelle strutture di un sistema democratico come il nostro.

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Un sistema, che seppur con tanti difetti, ha permesso un libero confronto di opinioni in questi 70 anni di costituzione.

Oggi stiamo forse superando limiti per i quali è necessario ci sia un argine sociale e democratico. Forse non ci stiamo accorgendo che questo imbarbarimento dialettico sta distruggendo il sistema democratico. Occorre con serenità ed obiettività, affrontare la problematica, e prenderne consapevolezza.

Prendo spunto dal libro di Alessandro Dal Lago – Populismo Digitale, per fare alcune considerazioni.

L’affermazione globale di Internet rende superflua la distinzione fondamentale tra vita pubblica e vita privata. Chi agisce in rete, come blogger, commentatore, acquirente, . . .o attore politico potenziale, si trova in una situazione privata, perché è a casa sua o comunque isolato, e al tempo stesso pubblica, perché comunica con altri soggetti nella sua stessa condizione. Tuttavia, la socialità che così si realizza è del tutto disincarnata. . . . . . L’utente in rete non interagisce con altri esseri umani, soggetti sociali o attori politici, ma con i loro avatar o nickname. . . . . . . L’economia virtuale tende a sostituire ciò che resta dei mercati materiali, le librerie online soppiantano quelle reali, la posta elettronica rende superflui gli uffici postali, finché anche il voto virtuale renderà superflui i seggi elettorali, le schede nell’urna e persino i sondaggi (il voto virtuale è già un sondaggio). Parlo di una situazione di cui oggi si vedono i prodromi e si intravedono gli sviluppi. . . . . . . .. Per cominciare, le identità sociali in rete – in quanto virtuali, disincarnate, prive di volto e di nome – corrispondono esattamente a quelle introvabili dei soggetti o degli attori del populismo. Gli esseri in rete sono evanescenti, fluttuanti e potenziali quanto il popolo dei teorici populisti. Ciò che li unifica è il loro essere virtuale, non la supposta realtà delle persone in carne e ossa che si trovano davanti allo schermo di un computer. Certo, la persona in carne e ossa è titolare di bisogni, esigenze, speranze, emozioni ecc. Ma, in quanto le immette in rete, in forma di commento, messaggio, post o voto virtuale, attraverso un semplice movimento delle dita sulla tastiera, quelle componenti emotive e intellettive del suo essere carnale lasciano spazio a un discorso che confluisce nel linguaggio della rete. La persona in carne e ossa sparisce a favore di un essere virtuale. Non ha senso esecrare questi sviluppi. Ma è necessario comprenderli, soprattutto nei loro effetti politici, che riguardano cioè la distribuzione del potere tra gli uomini. E’ verissimo che il soggetto digitale o virtuale gode di straordinarie opportunità negate ai suoi padri e predecessori. Può connettersi all’istante con chiunque nel mondo, esprimere il suo punto di vista su qualsiasi oggetto simbolico o significato. Ma lo può fare in quanto essere disincarnato, non come cittadino del mondo materiale. In realtà, egli non dispone di alcun mondo, se non quello della connettività universale. Esercitare una preferenza, rispondere a un sondaggio online, votare a un referendum, criticare o insultare chi non pensa come lui è una potenzialità che si esaurisce in se stessa, perché non può disporre di alcuna eco o risonanza nel mondo – che non sia in rete. Ma in questo modo l’esistenza in rete diventa in grado di risucchiare ogni altra realtà. Infatti, la rete è perennemente in crescita, dinamica, autopoietica. Il mio post alimenta altri commenti, che rimbalzano creando potenzialmente altri post. Una notizia, vera o falsa che sia, crea altre notizie, notizie delle notizie, che vengono commentate e dibattute confluendo nella grande tautologia della rete. E così via. . . . . . Il popolo, che nella realtà materiale non esiste, se non nelle convenzioni o nelle finzioni della democrazia rappresentativa, si è ora ricostituito in rete. Ecco perché è mutevole, camaleontico, impossibile da fissare o descrivere. Certo, sarà risentito verso la globalizzazione e gli immigrati, ostile alle oligarchie, identificato con una lingua o un territorio insomma, ben radicato in una dimensione reale, così come dotato di un corpo e di una vita materiale. Ma nel momento in cui accede a un’identità virtuale, il popolo diviene qualcos’altro, non un fantasma o un ectoplasma, ma una comunità interconnessa capace di qualsiasi cosa. Un general intellect pronto a ogni avventura. Manipolatore e manipolabile, globale anti-globale, territoriale e de-territorializzato.”

Quello che oggi spaventa, e ci deve destare particolare attenzione, è rappresentato dalla facilità e “superficialità” di certi atteggiamenti associati a politici con ruoli apicali, che si permettono di esprimersi forzando gli animi, augurando il peggio all’avversario, quando vengono criticati, e scatenando un guerra virtuale di opinione, a base di insulti ed attacchi gratuiti, garantiti e protetti dallo scudo virtuale di internet.

Il confronto, nell’era di internet, sta andando alla deriva di un dibattitto fra opinioni radicalizzate che si confrontano non sulla base delle proprie idee e proposizioni, ma che si contendono l’insulto più pesante. Se non la pensi come me, sei contro di me. Sei un bastardo, quelli come te devono morire, e tanto altro ancor peggiore.

Matteo Salvini e Luigi Di Maio stanno veramente esasperando la situazione. Neanche servirebbe dato che hanno la maggioranza parlamentare. Ma la loro forza è nella rete virtuale. Nella comunicazione forte e d’impatto con lo scopo di far scatenare gli animi. Una rete “affamata di sangue”, che deve vincere per forza non per ragione, perchè è come se fosse in un videogame, e quindi “devo vincere, e per farlo devo batterti, in qualsiasi modo”.

Questo forse è il vero rischio di deriva democratica. L’assuefazione a questi atteggiamenti e a considerarli normali.

Gli attacchi di Luigi Di Maio (Vicepresidente del Consiglio) ai giornalisti ed in particolare a quelli di Repubblica, rappresentano un vero attacco alla libertà di opinione e di stampa, che non è permesso fare da nessuno e tantomeno da chi rappresenta il Paese.

Dobbiamo ribellarci e confrontarci con la forza delle idee, con la serenità ed il piacere di fare politica, ripudiando tutti il linguaggio assurdo e prevalentemente di odio dei social, ridando dignità alla politica, nobile arte del confronto e della persuasione.

Per queste ragioni da oggi dobbiamo comprare tutti Repubblica.


NdR: O comunque confrontare con altri quotidiani in edicola le informazioni

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